
Un nuovo inizio - Ep. 1
Il sole era sorto da qualche ora e sotto quei suoi primi raggi dorati la grande città si stava svegliando. San Myshuno non era mai davvero addormentata, ma con l’arrivare del mattino si riempiva di rumore e suoni. Le persone uscivano di fretta dai loro appartamenti per recarsi al lavoro, auto e traffico intenso erano all’ordine del giorno, la metropolitana lavorava a pieno regime e negozi e bar aprivano le porte ai clienti. Una città caotica, ci si poteva perdere tra le vie e i vicoli che si snodavano tra palazzi e grattacieli.
“Una come te non combinerà mai nulla di buono in città. Sei mediocre fin per questa piccola cittadina.”la nonna lo ripeteva sempre a Veronica, ma lei si era ripromessa non pensarci più, non voleva che le parole di quella donna influenzassero il suo futuro. Adesso però, davanti a quei palazzi così alti, in una strada così affollata con auto che andavano e venivano in tutte le direzione, Veronica iniziava a mettere in dubbio la sua decisione. Vivere in città, tagliare una volta per tutte con il passato sembrava la cosa giusta da fare, eppure una strana sensazione le faceva sentire lo stomaco aggrovigliarsi e irrigidirsi, aveva paura e la netta impressione che qualcosa di terribile le sarebbe accaduto.
Scrollò la testa e si disse che era solo l’emozione di essere finalmente a San Myshuno, di aver finalmente realizzato il suo sogno e senza indugiare oltre si avviò verso il suo nuovo appartamento.
“Una come te non combinerà mai nulla di buono in città. Sei mediocre fin per questa piccola cittadina.”la nonna lo ripeteva sempre a Veronica, ma lei si era ripromessa non pensarci più, non voleva che le parole di quella donna influenzassero il suo futuro. Adesso però, davanti a quei palazzi così alti, in una strada così affollata con auto che andavano e venivano in tutte le direzione, Veronica iniziava a mettere in dubbio la sua decisione. Vivere in città, tagliare una volta per tutte con il passato sembrava la cosa giusta da fare, eppure una strana sensazione le faceva sentire lo stomaco aggrovigliarsi e irrigidirsi, aveva paura e la netta impressione che qualcosa di terribile le sarebbe accaduto.
Scrollò la testa e si disse che era solo l’emozione di essere finalmente a San Myshuno, di aver finalmente realizzato il suo sogno e senza indugiare oltre si avviò verso il suo nuovo appartamento.
Veronica era orfana e da quando i suoi genitori erano morti in un brutto incidente stradale, lei fu mandata a vivere con la nonna. Quella donna era severa e arcigna, non aveva mai approvato il matrimonio di suo padre con sua madre e non faceva altro che ricordarle, con disprezzo, quanto lei somigliasse alla madre. Aveva solo 5 anni e non capiva perchè mamma e papà non potessero tornare da lei.
Aveva 10 anni quando la nonna le ricordò che era abbastanza grande per occuparsi delle faccende domestiche e le impose di imparare a cucinare. La nonna voleva che lei suonasse il piano, così come faceva il padre, ma lei era totalmente negata “Sei una delusione, proprio come quella poco di buono di tua madre, che il diavolo la tenga con sè!” le urlava sempre dietro la donna che avrebbe dovuto amarla e crescerla, ma da cui aveva solo odio e disprezzo.
Aveva 12 anni e sua nonna aveva scoperto che era diventata una donna “Adesso cerca di non farti ingravidare come quella cagna di tua madre, è già abbastanza deludente doverti avere in casa, non voglio oltraggiare il buon nome della mia famiglia ulteriormente!” e nel dirlo la guardò in modo che, a modo suo, decretava, la fine della sua infanzia. Veronica però non era una donna, era solo una bambina, era spaventata dal modo in cui il suo corpo stava cambiando, voleva un abbraccio rassicurante. A lei non importava nulla dei ragazzi, voleva solo giocare con le sue vecchie e logore bambole, ma la nonna le disse che era tempo di buttarle “Le hai da quando sei venuta qui, ora sei grande per certe sciocchezze!” non aveva mai più avuto giochi nuovi dalla morte dei genitori, ma quelle vecchie bambole erano l’unico ricordo che avesse di loro.
Aveva 16 anni quando fu costretta a iniziare a lavorare e finire in fretta la scuola. Veronica non aveva mai potuto scegliere nulla per sè, tutto ciò che le piaceva e la rendeva felice, era tutto ciò che la nonna detestava di più. “Sei abbastanza grande per andartene se non ti piace stare qui. Non temere, non verrò a cercarti, ma se ti fai mettere incinta da qualche ragazzaccio abbi la compiacenza di usare il cognome di tua madre e non quello del mio rispettabile figlio.” Veronica non frequentava nessun ragazzo, non aveva amici, non ne aveva il tempo e la nonna non avrebbe approvato.
Finalmente compì 18 anni, era maggiorenne e poteva andarsene da quella casa, ma la nonna si sentì male. Ictus, dissero i medici e lei dovette rimanere per accudirla. Solo due anni dopo la nonna la chiamò al suo capezzale, si stava ormai spegnendo, le prese la mano e le disse: “Grazie per avermi accudita, un’altra donna sarebbe stata fiera di te, ma io non sono come le altre. Io sono cresciuta con solidi valori. Tu per me sei solo una domestica, non sarai mai mia nipote. Tuo padre ha sposato tua madre solo perchè era incinta. Tu gli hai rovinato la vita e tua madre lo ha ucciso. Litigavano spesso sai? Lui me lo diceva, mi raccontava che litigavano ogni volta che tu non c’eri. Quella notte tuo padre ha perso il controllo dell’auto e sono certa fosse colpa di quella sgualdrina di tua madre, colpa tua. Tu hai ucciso mio figlio e ora sai perchè non hai e non avrai mai il mio amore!” Veronica era sconvolta, in passato la nonna si era divertita a raccontarle cose non vere solo per farla piangere, ma quella volta era diversa, quella volta era vera. Quella donna così cattiva e anaffettiva aveva deciso di aprirle il suo cuore, a modo suo, e rivelarle la verità, una verità che la riguardava e che lei aveva, per troppo tempo, ignorato. Veronica scoppiò in lacrime e la nonna esalò il suo ultimo respiro.
Aveva 10 anni quando la nonna le ricordò che era abbastanza grande per occuparsi delle faccende domestiche e le impose di imparare a cucinare. La nonna voleva che lei suonasse il piano, così come faceva il padre, ma lei era totalmente negata “Sei una delusione, proprio come quella poco di buono di tua madre, che il diavolo la tenga con sè!” le urlava sempre dietro la donna che avrebbe dovuto amarla e crescerla, ma da cui aveva solo odio e disprezzo.
Aveva 12 anni e sua nonna aveva scoperto che era diventata una donna “Adesso cerca di non farti ingravidare come quella cagna di tua madre, è già abbastanza deludente doverti avere in casa, non voglio oltraggiare il buon nome della mia famiglia ulteriormente!” e nel dirlo la guardò in modo che, a modo suo, decretava, la fine della sua infanzia. Veronica però non era una donna, era solo una bambina, era spaventata dal modo in cui il suo corpo stava cambiando, voleva un abbraccio rassicurante. A lei non importava nulla dei ragazzi, voleva solo giocare con le sue vecchie e logore bambole, ma la nonna le disse che era tempo di buttarle “Le hai da quando sei venuta qui, ora sei grande per certe sciocchezze!” non aveva mai più avuto giochi nuovi dalla morte dei genitori, ma quelle vecchie bambole erano l’unico ricordo che avesse di loro.
Aveva 16 anni quando fu costretta a iniziare a lavorare e finire in fretta la scuola. Veronica non aveva mai potuto scegliere nulla per sè, tutto ciò che le piaceva e la rendeva felice, era tutto ciò che la nonna detestava di più. “Sei abbastanza grande per andartene se non ti piace stare qui. Non temere, non verrò a cercarti, ma se ti fai mettere incinta da qualche ragazzaccio abbi la compiacenza di usare il cognome di tua madre e non quello del mio rispettabile figlio.” Veronica non frequentava nessun ragazzo, non aveva amici, non ne aveva il tempo e la nonna non avrebbe approvato.
Finalmente compì 18 anni, era maggiorenne e poteva andarsene da quella casa, ma la nonna si sentì male. Ictus, dissero i medici e lei dovette rimanere per accudirla. Solo due anni dopo la nonna la chiamò al suo capezzale, si stava ormai spegnendo, le prese la mano e le disse: “Grazie per avermi accudita, un’altra donna sarebbe stata fiera di te, ma io non sono come le altre. Io sono cresciuta con solidi valori. Tu per me sei solo una domestica, non sarai mai mia nipote. Tuo padre ha sposato tua madre solo perchè era incinta. Tu gli hai rovinato la vita e tua madre lo ha ucciso. Litigavano spesso sai? Lui me lo diceva, mi raccontava che litigavano ogni volta che tu non c’eri. Quella notte tuo padre ha perso il controllo dell’auto e sono certa fosse colpa di quella sgualdrina di tua madre, colpa tua. Tu hai ucciso mio figlio e ora sai perchè non hai e non avrai mai il mio amore!” Veronica era sconvolta, in passato la nonna si era divertita a raccontarle cose non vere solo per farla piangere, ma quella volta era diversa, quella volta era vera. Quella donna così cattiva e anaffettiva aveva deciso di aprirle il suo cuore, a modo suo, e rivelarle la verità, una verità che la riguardava e che lei aveva, per troppo tempo, ignorato. Veronica scoppiò in lacrime e la nonna esalò il suo ultimo respiro.
Finalmente Veronica raggiunse la palazzina, era così eccitata, non vedeva l’ora di vedere il suo nuovo appartamento, la descrizione lo definiva come: - Piccolo e grazioso appartamento nel cuore del quartiere delle spezie. Essenziale, ma con enorme potenziale di personalizzazione. - Veronica salì le scale di corsa, troppo impaziente di vederlo per attendere il vecchio ascensore della palazzina.

Il primo impatto fu devastante, era una mezza catapecchia, tutto ciò che c’era era robaccia vecchia e sporca. Veronica rimase molto delusa da ciò che vide. Avrebbe dovuto fare dei lavori e non aveva molti soldi. Quando la nonna era morta aveva lasciato quasi tutto alla nipote, figlia del figlio della sorella, mentre a lei era toccata una piccolissima somma di denaro che, alla lettura del testamento, fu definita “una lauta buonauscita” citando le parole della nonna “per il servizio reso”. Veronica era stata ritenuta una sorta di domestica e nulla più.
La giovane non ne fu sorpresa, ringraziò per ciò che aveva ricevuto, compresa la notifica di sfratto immediato da parte della cugina di secondo grado che non vedeva l’ora di entrare in possesso della villetta della prozia.
La giovane non ne fu sorpresa, ringraziò per ciò che aveva ricevuto, compresa la notifica di sfratto immediato da parte della cugina di secondo grado che non vedeva l’ora di entrare in possesso della villetta della prozia.

“Non è tempo per piangersi addosso!” si disse. Avrebbe investito i pochi soldi che aveva per sistemare l’appartamento, si sarebbe trovata un lavoro e finalmente si sarebbe goduta il frutto di quel lavoro senza dover consegnare i suoi soldi a nessuno. E poi in quel appartamento, per quanto piccolino, c’era lo spazio per il suo cavalletto, finalmente avrebbe potuto dedicarsi alla sua grande passione, la pittura, senza doversi nascondere, e questo era già molto più di quanto avesse mai potuto sperare.

Tirando fuori un po’ di entusiasmo si disse che almeno le scatole con la sua roba erano state consegnate in tempo!
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